Si chiude con delle note sulla chitarra e un fiato interminabile il gala del tenore Juan Diego Florez in Arena, il mito del Belcanto, debuttante nell’anfiteatro e di ritorno nella città scaligera dopo più di vent’anni dalle sue presenze al Teatro Filarmonico. E’ stato un debutto “intimo” verrebbe da dire, poiché sia nella recita di Rigoletto che lo ha visto come Duca di Mantova, che nel suo gala “personale”, il pubblico non ha riempito il teatro come sperato, tuttavia il successo che è arriso al divo è stato pieno di “cuore” e di emozioni, come il veder levare le bandiere del natio Perù tra il pubblico.

Il 20 luglio dicevamo che il tenore è stato protagonista di Rigoletto, affrontando un ruolo che è tutt’altro che uno scherzo. Lo stesso Kraus, così come altri suoi illustri colleghi, hanno sottolineato quanto la difficoltà del Duca sia spesso sottovalutata, soprattutto nei primi due atti e in particolare nell’aria di apertura del II atto. Diciamolo subito, la prova di Florez è stata in crescendo ed è emerso completamente nella sua artisticità solo nella seconda parte dell’opera. Nei primi due atti il volume non dirompente, una certa prudenza e il volume decisamente non debordante non hanno giocato a suo favore e dell’interpretazione.

Accanto a lui la Gilda di Giulia Mazzola è vocalmente precisa e accurata, con un volume vocale importante e un timbro molto gradevole, pur non discostandosi troppo da un modello interpretativo bamboleggiante e un po’ sorpassato.

Luca Salsi è un Rigoletto travolgente, a tratti debordante, caratterizzato forse da qualche “sfogo” di troppo (come li avrebbe definiti la Tebaldi). Tuttavia il temperamento dell’artista è in grado di catalizzare l’attenzione del pubblico e non sfuggono certi dettagli come il piano di “E’ follia” al termine del monologo del I atto “Pari siamo”. Peccato che in quel frangente non sia sostenuto nelle intenzioni dalla direzione di Marco Armiliato che spinge sul forte come nella tradizione.

Le parti di fianco si confermano affidate ad una squadra di artisti sicuri così come alla prima.

Per il resto l’orchestra diretta dal maestro genovese imprime giusto ritmo teatrale all’opera, così come ottimamente si comporta il coro diretto da Roberto Gabbiani.

Tre giorni dopo Florez ritorna protagonista in una Gala dove ritorna a dare voce ad alcuni dei suoi cavalli di battaglia, come Don Ramiro ne “La Cenerentola” e Tonio ne “La Fille du Régiment”. Nella seconda parte invece ascoltiamo due inediti “Rodolfi”, quello di “Luisa Miller” (“Quando le sere al placido” e quello di Bohème (“Che gelida manina”), preceduti dal Roméo di Gounod. Sicuramente il ruolo francese è quello che rispecchia le vere caratteristiche vocali dell’artista peruviano, ma non possiamo negare fascino alle interpretazioni delle pagine di Verdi e Puccini. Puccini ritorna poi anche nei bis con un classico (evitabile) “Nessun dorma”, accanto ad una elegantissima lettura di “Una furtiva lagrima”.

Fanno da corollario al tenore Vasilisa Berzhanskaya, sicura nei passi più spinosi di coloratura di Angelina, mentre Marina Monzò è una dolce ma volitiva Juliette. Come sempre lezione di stile e canto Michele Pertusi nei suoi interventi, così come si confermano affidabili Gabriele Sagona, Marianna Mappa e Sofia Koberidze.

Sul podio Christopher Franklin riesce a gestire una situazione acustica (causa la non sempre perfetta amplificazione) non agevole, sostenendo i suoi cantanti con eleganza e abilità.

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