Il 2016 della Fondazione Arena di Verona si è aperto nel segno di Gioachino Rossini e della sua Cenerentola. Una produzione nata in collaborazione con Opera Futura, (associazione che ha sede proprio nel territorio veronese) e con l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, da cui provenivano quasi tutti gli interpreti (tranne Don Ramiro e Dandini).

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La regia di Paolo Panizza (curatore anche delle luci) coadiuvata da Franco Armieri (scene), Valerio Maggioni (autore dei bei costumi) e Lino Villa (coreografia) si muoveva con leggerezza in ambienti scenici creati con pochi elementi colorati ma efficaci. La casa di Don Magnifico, così come il palazzo di Don Ramiro e la chiesetta per il matrimonio finale, erano creati con pannelli colorati e con pedane moventi. Carina l’idea dello sdoppiamento della protagonista in alcune danzatrici che la seguono in tutte le sue peripezie. Quello che forse mancava allo spettacolo era quel ritmo teatrale quasi irrefrenabile che è la cifra di Rossini e che si può creare anche con pochi elementi (si veda “Il Barbiere di Siviglia” creato sempre per Verona da Pier Francesco Maestrini e Joshua Held).  Tuttavia tutto scorreva con delicatezza e con grazia.

main.290116_Cenerentola_FotoEnnevi_7695_20160129Sebastiano Rolli e la sua direzione sono gli elementi migliori della serata. Già nel suo debutto veronese con “Maria Stuarda”, questo giovane maestro parmense ci aveva colpiti per la grande capacità di accompagnare il canto e per la profonda teatralità che aveva infuso nella sua lettura. Molto spesso i grandi direttori si tengono alla larga dal repertorio belcantista ritenendolo banale. In realtà è un repertorio denso di insidie ed esige una bacchetta che sia conoscitrice delle voci e che renda quella purezza, quasi trasparenza della linea del tutto peculiare. Rolli conosce le sue voci, non le sovrasta mai e dipinge una Cenerentola brillante, ma anche venata di una certa malinconia.
Buono il versante vocale che vedeva schierate nella parte delle due sorellastre, Tisbe e Clorinda, Chiara Tirotta e Cecilia Lee, convincenti nel loro gioco scenico frizzante.main.290116_Cenerentola_FotoEnnevi_7967_20160129

Simon Lim nei panni di Alidoro ha fatto valere uno strumento poderoso e ben timbrato e ci ha convinti di più qui che nel suo recente Padre Guardiano de “La Forza del destino”, soprattutto sul lato interpretativo.

Modestas Sedlevicius (Dandini) ha voce baritonale molto ben emessa e ottima capacità nelle agilità che unite ad una presenza scenica efficace ne facevano un personaggio convincente.

main.290116_Cenerentola_FotoEnnevi_7513_20160129Giovanni Romeo (Don Magnifico) è l’elemento di spicco e siamo sicuri che in futuro ci riserverà delle grandi sorprese in questo repertorio. Questo giovane baritono ha la capacità non comune comune di catturare il pubblico non solo con il canto ma anche con quel “quid” in più che rende artisti.

Pietro Adaini si distingue per la sobrietà del suo Don Ramiro, pur facendo intendere di avere bisogno ancora di maturare e approfondire il ruolo, soprattutto dal punto di vista tecnico e interpretativo.

Aya Wakizono è un’Angelina assolutamente convincente nella parte alta della parte e quindi nel finale, ma appare più in difficoltà nella parte grave. Crediamo non sia questo il ruolo ideale in cui la brava cantante può far brillare le sue eccellenti capacità. Nonostante questo, è molto elegante e ha una grazie innata in scena.

Alla fine caloroso successo per tutti da parte di un teatro quasi esaurito.

Francesco Lodola

Verona, 4 febbraio 2016

Foto Ennevi

 

 

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